giovedì 27 agosto 2015

Quando la tecnologia ci atrofizza il cervello: elogio della scrittura "a mano".

C'è un tizio che ha rivoluzionato il mondo dell'informatica, della comunicazione, del rapporto tra le persone e, non in ultimo, tra la tecnologia e le persone. Ha avuto delle idee visionarie che, il più delle volte, è riuscito a mettere in pratica. E' stato il primo a pensare a degli aggeggi piatti su cui è possibile scrivere, caricare giochi, vedere filmanti. Questi aggeggi sono i tablet. Lui è Steve Jobs.

Eppure Jobs, sebbene immerso nel mondo tecnologico da lui stesso creato, prima di morire decise di iscriversi ad un corso di bella grafia.

Proprio così: l'inventore del touch screen, attraverso cui è possibile fare di tutto con il polpastrello di un solo dito, ha deciso di prendere di nuovo in mano la penna e scrivere bene, scrivere "bello".

Forse anche lui aveva capito ciò che ora la scienza dimostra in modo inconfutabile: la scrittura manuale, meglio se in corsivo, sviluppa l'intelligenza della persona... e del bambino. 

"Il corsivo, così come lega le lettere, lega i pensieri. Lo stampatello, invece, seziona il pensiero in lettere."

Sono parole di Federico Bianco di Castelbianco, psicoterapeuta dell'età evolutiva.

Secondo una ricerca condotta presso l'università dell'Indiana, la scrittura in corsivo - e quella manuale in generale - è in grado di attivare importanti processi cognitivi. In modo particolare, i bambini in grado di scrivere a mano hanno fatto registrare un'attività neuronale molto più dinamica del campione che scriveva tramite l'uso di supporti informatici.

Un altro studio simile, questa volta condotto dall'università di Washington, dimostra che la scrittura manuale accende, letteralmente, delle aree del cervello coinvolte nelle attività del pensiero, della memoria e del linguaggio.

Purtroppo, però, molti bambini che dalla scuola dell'infanzia passano alla scuola primaria non hanno maturato una sufficiente plasticità neuronale a causa delle scarse attività manuali in cui sono stati impegnati. Si tratta di circa il 70% del totale!

Morale della favola (anche se favola non è)?

Lasciamo che i bambini si muovano, giochino con le mani, si impiastrino, sudino, si arrampichino, litighino, lancino oggetti e li manipolino... e che scrivano a mano! 

La tecnologia nei primi anni di scuola, a mio avviso, non solo è pressoché inutile, ma persino dannosa.

 La manualità, il piacere di esprimersi con la propria grafia (che tra l'altro rivela l'identità di ogni persona), sono dei valori, oltre che strumenti. Lasciamo che i bambini ne facciano uso, che siano liberi di esprimersi con ciò che nasce "dalle loro mani e dalle loro intenzioni" e non da sterili aggeggi elettronici.

Nessuno nega l'utilità pratica di tablet e di altri strumenti tecnologici... ma quelli verranno più in là, quando, si spera, il bambino ha già una sufficiente attività neuronale che la tecnologia non potrà mai dargli.

Per concludere, riporto una breve considerazione, che mi è stata ispirata da un libro del titolo "Il profumo dei limoni": l'essere umano dispone di 5 sensi. Pensiamoci bene: le tecnologie ne stimolano soltanto tre, cioè la vista, l'udito e il tatto (anche se minimamente, in quest'ultimo caso). Vuol dire che dall'uso delle nuove tecnologie è totalmente esautorato il 40% dei nostri sensi.

Può mai questo fare del bene ai bambini e sostenerli nella crescita armonica della loro persona?

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