domenica 24 marzo 2019

100 anni di Fascismo? Ecco perché i nostalgici del Ventennio dovrebbero davvero studiare

Tralasciamo che l'apologia del Fascismo è un reato: chi vuole saperne di più può cliccare il link in basso:




Ci interessa qui un fenomeno che ha avuto una eco considerevole, oltre che nel "mondo reale", anche sui social, vale a dire la ricorrenza dei 100 anni dal Manifesto di San Sepolcro (23 marzo del 1919), data in cui Benito Mussolini fondò i Fasci di Combattimento, il nucleo originario di quello che sarà poi il PNF, Partito Nazionale Fascista.

I nostalgici del Ventennio non hanno perso l'occasione per celebrare questo giorno come la data fondamentale che si staglia all'inizio di quel "meraviglioso" periodo di ordine, disciplina, gloria e lustro per il nostro amato Stivale. Speriamo sia chiara l'ironia.
Beata ignoranza, verrebbe da dire, se non fosse che costoro ci credono davvero e usano proprio le libertà democratiche per inneggiare a ciò che non è né libero né democratico. E basterebbe già solo questa contraddizione per sferrare un KO tecnico a quelli del "quando c'era lui i treni arrivavano in orario".

Ma se tantissimo ci sarebbe da dire, e da studiare, per mostrare ancora di più, e meglio, le contraddizioni di chi vive con eroismo confuso questa indefinita nostalgia, tantissimo si può già dire su quell'evento che viene celebrato come lo spartiacque tra un "prima" decadente e infimo e un "dopo" aureo e glorioso.

Dallo stesso Manifesto di San Sepolcro, se solo ci si degnasse di leggerlo anziché celebrarlo, emergono contenuti che lascerebbero a bocca aperta persino la più distratta camicia nera contemporanea: quel manifesto aveva - udite udite - uno stampo assolutamente democratico con tinte marcatamente socialiste.

 E dunque coloro che lo prendono come simbolo per scagliarsi contro i "rossi", i "comunisti" (dimostrando anche nel lessico un imbarazzante anacronismo), contro i benpensanti che vogliono mettere tutto ai voti, i radical chic che propongono i diritti per tutti, restano delusi quando vengono a sapere cosa diceva davvero il Manifesto, cosa pensava davvero il Duce, agli inizi della sua ascesa, sul lavoro, la democrazia, il diritto di voto, le donne. 

Insomma, quel Fascismo anti democratico, illiberale e anti egualitario, che provoca fremiti e desideri di rivalsa nei mediocri e nei frustrati, nulla avrà a che spartire con questo presunto atto fondativo. Per il Fascismo dei "treni in orario", del "ah, quando c'era lui", del "Dio, Patria e Famiglia", bisogna aspettare le cosiddette "Leggi Fascistissime" del 1925/1926, ed è un'altra cosa.

A questo punto ci limitiamo a richiamare direttamente la fonte, che è un fatto evidente e di facile comprensione. Per favorire la lettura a chi avesse ancora la vista troppo offuscata dal nero, abbiamo evidenziato in giallo alcuni eloquenti passaggi.  

Di seguito il programma di San Sepolcro 

Italiani!
Ecco il programma nazionale di un movimento sanamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore, perché antipregiudizievole. Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti. Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici, coloniali ecc. li tracceremo quando avremo creato la classe dirigente.
Per questo noi vogliamo, per il problema politico:
a. Suffragio universale a scrutinio di lista regionale con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.
b. Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni; quello per i deputati abbassato ai 25 anni.
c. L’abolizione del Senato.
d. La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato.
e. La formazione di Consigli nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni ecc. eletti dalle collettività professionali e di mestiere, con poteri legislativi, e col diritto di eleggere un Commissario generale con poteri di Ministro.

Per il problema sociale, noi vogliamo:
a. La sollecita promulgazione di una Legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro.
b. I minimi di paga.
c. La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria.
d. L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici.
e. La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti.
f. Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sull’invalidità e sulla vecchiaia, abbassando il limite di età proposto attualmente da 65 a 55 anni.

Per il problema militare, noi vogliamo:
a. L’istituzione di una milizia nazionale, con brevi periodi d’istruzione e compito esclusivamente difensivo.
b. La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi.
c. Una politica estera nazionale intesa a valorizzare nelle competizioni pacifiche della civiltà la nazione italiana nel mondo.

Per il problema finanziario, noi vogliamo:
a. Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze.
b. Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense vescovili, che costituiscono una enorme passività per la Nazione, e un privilegio di pochi.
c. La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell’85% dei profitti di guerra.

“Il Popolo d’Italia”, 6 giugno 1919.


In più rendo disponibile la video lezione del collega torinese Matteo Saudino (che salutiamo), per chi volesse ascoltare anziché leggere. 


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