mercoledì 7 agosto 2019

Letture d'agosto: L'AULA VUOTA. COME L'ITALIA HA DISTRUTTO LA SCUOLA, di Ernesto Galli della Loggia

L'aula vuota. Come l'Italia ha distrutto la scuola, di Ernesto Galli Della Loggia

Probabilmente molti contenuti di questo testo possono non essere condivisibili. Altrettanto probabilmente qualche pedagogista potrebbe risentirsi di alcune osservazioni tutt'altro che tenere che l'Autore rivolge alla sua professione.

Vero è che un principio presente nel testo è indiscutibile, e forse ne è addirittura la colonna portante: la constatazione che, di fronte alla scolarizzazione di massa che ha portato nelle scuole italiane studenti provenienti dai più disparati contesti sociali, anziché dare di più e meglio a chi si trovava in situazioni di svantaggio si è invece "abbassata l'asticella" per tutti. Anziché potenziare l'offerta, in special modo a chi aveva in partenza di meno, si è svilita la domanda, rendendo la scuola apparentemente "di tutti", ma lasciandola in balia di chi, disponendo di risorse economiche che altri non hanno, quel "di più" lo ha cercato e lo cerca altrove, a suon di quattrini: master, perfezionamenti, scuole di élite, studio all'estero.
Ernesto Galli della Loggia, che probabilmente non è un addetto ai lavori, ma che certo è un intellettuale lucido ed onesto, evidenzia in un percorso storico senza fronzoli l'evoluzione della scuola italiana che ha aderito alle differenze senza fare la differenza; che spesso ha perso l'essenziale per il superfluo.


Il libro, inoltre, mette sotto accusa i miti culturali responsabili della crisi attuale: l'immagine a tutti i costi negativa dell'autorità, l'obbligo assegnato alla scuola di adeguarsi a ciò che piace e vuole la società (dal digitale al disprezzo per il passato), la preferenza del «saper fare» sul sapere in quanto tale, la didattica «attiva» e di gruppo. Altrettanti ideologismi che sono serviti a oscurare il ruolo dell'insegnante, la misteriosa capacità che dovrebbe essere la sua di trasmettere la conoscenza e con essa di assicurare un futuro al nostro passato.


Un pedagogista come Dario Ianes ha apprezzato questo libro, nonostante l'Autore, lo ripetiamo, non sia affatto clemente con la categoria.

 A questo proposito scrive:
Una voce severa contro una scuola debole, asservita e riproduttrice delle disuguaglianze sociali e funzionale alla inesistente politica, senza contestazioni studentesche né familiari, una voce impegnata verso un’istruzione alta ed emancipatrice davvero, in una scuola “bastione di un’orgogliosa diversità dalla società”.
L’autore non è tenero con i pedagogisti, ma da pedagogista sono più in accordo che disaccordo

Un'ulteriore e valida ragione per leggerlo.



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