lunedì 11 luglio 2016

Gestire le classi difficili: alcuni consigli dal prof. Luigi D'Alonzo

Riportiamo di seguito i contenuti estratti da un'intervista al prof. Luigi D'Alonzo, professore ordinario di pedagogia speciale presso la facoltà di Scienze della Formazione dell'Università Cattolica di Milano.
Al link riportato al termine dell'articolo è possibile esaminare l'estratto del libro del prof. Alonzo "Come fare per gestire la classe nella pratica didattica", edito da Giunti Scuola.

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Tutte le ricerche affermano che al giorno d'oggi i ragazzi sono sempre più complessi, sempre più difficili da gestire. I motivi sono svariati: sociali, familiari, strutturali.
L'insegnante si trova in classe studenti con problemi e bisogni diversificati; si potrebbe addirittura dire che l'alunno con problemi di disabilità sia il meno grave all'interno di una classe.
Capita quindi che molti studenti, per cause esogene, non riescano ad adattarsi ai più basilari canoni di convivenza civile. Per questo la complessità della classe che l'insegnante deve gestire è notevole: alunni stranieri, alunni ansiosi, demotivati, con disturbi specifici di apprendimento.

Cosa deve fare un insegnante di fronte a tutto questo?

La corretta gestione della classe è l'unica soluzione a questa complessità. Ma quando può dirsi che una classe sia ben gestita?

Innanzi tutto non vuol dire "mantenere la disciplina" che è, al limite, soltanto il controllo del comportamento inadeguato.

Gestire la classe è molto di più: vuol dire affrontare le problematiche all'interno della classe e la disciplina è solo uno degli aspetti di questa oculata gestione.

L'insegnante deve, prima di tutto, promuovere la partecipazione e il coinvolgimento attivo di tutti gli studenti.

Per prima cosa gli allievi devono percepire che l'insegnante vede, che l'insegnante sa quali siano i problemi di ciascuno. Le problematiche, infatti, si acuiscono quando l'allievo capisce che all'insegnante sfugge qualcosa.

Perciò il docente deve girare tra i banchi e favorire il controllo prossimale degli alunni: deve avvicinarsi a loro e far sentire la propria presenza fisica, guardare cosa stanno facendo e come. Vicinanza fisica, dunque.
In più, le forme di apprendimento cooperativo favoriscono senza dubbio la soluzione a molte delle problematiche, che invece la didattica frontale non affronta e che talvolta acuisce.

Alla base di ciò è necessaria la consapevolezza, da parte dell'insegnante, del suo ruolo di conduttore, di direttore d'orchestra.
Se l'insegnante non sa di essere una "benedizione" per i propri ragazzi non costruisce niente. 

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