martedì 11 febbraio 2020

Ha senso studiare Dante in un istituto tecnico o professionale?

Risultato immagini per dubbio
Problema: ha senso studiare Dante in un istituto tecnico o professionale?
In linea di principio sì. Anzi: in linea di principio è proprio in istituti del genere che si ha più bisogno di confrontarsi con padre della lingua italiana (e con Petrarca, Boccaccio, Ariosto ecc.). Dopo aver messo piede in queste classi, però, un problema si pone.
È innegabile, infatti, che in scuole di questo tipo gli alunni siano perlopiù disinteressati alla storia della letteratura e, ahi noi, carenti sul piano della padronanza della lingua*.
Ora: ha senso, in un contesto del genere, far sì che gli studenti leggano “Tanto gentile e tanto onesta pare”?
Ovvero: è sensato far leggere testi in volgare fiorentino a degli studenti che talvolta percepiscono l’italiano come una seconda lingua? Forse ci sono ottime ragioni per farlo: ma onestamente non ne trovo - viceversa mi sembra molto più ragionevole pensare di rafforzare le loro fragili conoscenze e abilità linguistiche di base.
Per contro non nascondo che non sarei contento se si eliminasse del tutto la letteratura dai loro programmi scolastici. Così facendo li si priverebbe, infatti, sia della possibilità di interpretare criticamente degli importanti testi creativi (con tutto ciò che questo comporta sul piano dell’intelligenza emotiva e “narrativa”) sia dell’opportunità di imbattersi in prospettive culturali che, nel corso della vita, potrebbero non essergli più offerte da nessuno.

Un buon compromesso, in proposito, potrebbe consistere in una revisione linguistica in chiave attualizzante dei testi letterari.
Una cosa peraltro tentata, qualche anno fa, per il “Principe” di Machiavelli.

Ovviamente so che così facendo si toglie ai testi la loro forza originaria e si riduce drasticamente il fascino di un confronto con un universo linguistico altro dal nostro. Però, a un certo punto, bisogna pur rinunciare a qualcosa e non credo che ci siano discipline che, nel momento in cui vengono insegnate, non perdono nulla del loro contenuto - anche perché a scuola, più che filologi o matematici, si formano uomini e cittadini.

* Ovviamente il discorso sulla padronanza della lingua da parte degli studenti degli istituti tecnici e professionali può essere esteso anche agli studenti liceali. Non di rado, infatti, ascolto colleghi che evidenziano una situazione grave anche al Classico o allo Scientifico. Credo, però, che i problemi dei licei siano, essenzialmente, altri - non meno gravi, ma meno legati alla padronanza linguistica degli studenti.


Tommaso Di Brango, docente scuola secondaria di II grado

7 commenti:

  1. La non conoscenza della lingua italiana è un male che si contrae da piccoli, dalle elementari alle medie, quando si arriva alle superiori, sia pure in Istituti tecnici, peggio ancora nei Licei, il male potrebbe diventare incurabile, soprattutto se assecondiamo i ragazzi a non studiare i padri della lingua italiana. Concludo dicendo che ,secondo me, i classici andrebbero studiati e spiegati bene ma a piccole dosi per gli Istituti Tecnici.

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  2. Non di rado mi capita di imbattermi nelle espressioni attonite dei miei alunni quando leggo loro estratti dalla vita nova o un canto della divina commedia; parimenti resisto ai loro sbuffi,agli occhi al cielo,alle espressioni sottovoce di sopportazione rivolte a me e alle imprecazioni al povero Dante...ma qualche volta mi capita anche di osservare occhi rapiti da immagini lontane e bocche che restano schiuse davanti alla bellezza dei versi, all'idea di un ideale femminile che ha gli occhi ed il volto,l'incedere di una donna angelo. E allora,si,allora sento che spiegare loro cosa sia l'ineffabile,la salvezza che viene da uno sguardo o da un saluto ed è capace di arrivare a Dio,sia un'esperienza unica, gratificante,che sicuramente rappresenterà una delle poche occasioni in cui potranno incantarsi e respingere la stupidità del Nulla.tullia t.

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  3. Ho appena iniziato ad insegnare in un istituto tecnico per geometri dopo vent'anni di scuola media. Non rinuncio ad insegnare Dante, non rinuncio a parlare di amore, ne hanno tanto bisogno. È vero che hanno difficoltà,ma è altrettanto vero che certi messaggis sono universali, atemporali e intergenerazionali, basta usare la narrazione giusta.

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  4. Personalmente ho studiato alle superiori proprio in un istituto tecnico che firmava periti meccanici. Ho avuto la fortuna di avere un grande professore (Emilio Gallo) che riusci a farmi interessare alla divina commedia tanto che durante l'estate terminai per mio conto la lettura dell'inferno. Credo quindi sia compito degli insegnanti riuscire a coinvolgere i ragazzi a maggior ragione laddove le basi possano essere deboli.

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