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venerdì 26 maggio 2023

"Barbiana '65 - La lezione di Don Milani": l'unico documentario con Don Milani in scena. Lo trovi qui

 

Non può mancare, tra i filmati consigliati su questo sito, una autentica "chicca": il film "Barbiana '65 - La lezione di Don Milani", in cui il sacerdote-pedagogista più famoso della nostra storia unitaria compare in scena.

Finalmente la Rai mette a disposizione questo filmato, che è consigliato a tutti, in special modo agli insegnanti e a coloro che si dedicano all'educazione dei più giovani. Emerge una figura carismatica, profetica a volte, contro corrente, originale.

Barbiana, dicembre 1965: il regista Angelo D'Alessandro era salito nel Mugello da don Milani per un'inchiesta sull'obiezione di coscienza, l'unico a cui il priore concesse di effettuare delle riprese. Il documentario nasce dal recupero di quel materiale del '65, ritrovato dal figlio Alessandro dopo la morte del padre, l'unico documento esistente, inedito, con Don Milani in scena: le sue parole, il suo volto, la sua scuola.

Regia: Alessandro D'Alessandro
Interpreti: Don Lorenzo Milani, Adele Corradi, Beniamino Deidda, don Luigi Ciotti

VAI AL FILM DOCUMENTARIO "BARBIANA '65 - LA LEZIONE DI DON MILANI"


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Cliccando qui sarai ricondotto/a alla nostra

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martedì 17 maggio 2022

"Come parlare perché i ragazzi ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino": un bellissimo libro da leggere

Di tanto in tanto, quando incappiamo in libri davvero interessanti e a tema con la scuola e la pedagogia, non possiamo non farne menzione. Questa volta ne segnaliamo uno davvero utile per chi fa il genitore, l'insegnante, l'educatore e, insomma, per chiunque voglia azzeccare la giusta strategia di comunicazione quando ha a che fare con gli adolescenti, con coloro, cioè, che vivono la più "ingrata" delle età.

Adele Faber e Elaine Mazlish, esperte nella comunicazione intergenerazionale, sono note al pubblico di tutto il mondo per il loro manuale "Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino". E quando i bambini non sono più bambini? Con ragazzi e adolescenti la comunicazione, si sa, è ancora più difficile. Ma questo manuale, con il suo stile affabile e il taglio pratico, arricchito da vignette e testimonianze, mostra come comportarsi anche durante la cosiddetta "età ingrata", tanto più complessa nel mondo digitalizzato e perennemente connesso in cui vivono i nostri figli. Una guida sicura che vi spiegherà come affrontare, tra l'altro, questioni spinose tipo: il senso delle punizioni, l'importanza di rispettare gli orari, i pericoli delle "cattive compagnie", l'uso di fumo, alcol, droghe, i sentimenti e il sesso, i pericoli di Internet.

 VAI AL LIBRO "COME PERLARE PERCHÉ I RAGAZZI TI ASCOLTINO & COME ASCOLTARE PERCHÉ TI PARLINO"

Gli stessi autori hanno scritto anche il bestseller:

Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino

sabato 18 aprile 2020

La cultura fa la differenza

Riportiamo semplicemente un’immagine (e accade raramente) che parla da sé. La cultura che fa la differenza.


sabato 12 ottobre 2019

"La mamma di Attila": come sostenere la crescita di un adolescente guerriero - Un libro di Barbara Tamborini

Come si può sostenere la crescita di un adolescente guerriero? E, in particolare, che ruolo spetta alle mamme?
Risultati immagini per la mamma di attila
Da un paio di giorni è disponibile in tutte le librerie il libro "La mamma di Attila", edito da Solferino Editore. L’ha scritto Barbara Tamborini e sfida genitori ed educatori, ma in particolare le mamme, a riflettere sulla complessità crescente dei ruoli educativi di fronte alla generazione dei millennials, una generazione variegata che vede al suo interno ragazzi chiusi in casa davanti ai videogiochi e gli impegnati che scendono in piazza, i violenti e gli indomiti.
L’analisi presente nel libro parte da un dato di fatto che accomuna tutti gli adolescenti: l’energia straripante, la spinta in avanti verso la vita.
 E’ una dimensione che possiedono tutti. Ma che poi mettono in gioco in modo alquanto differente. Che ruolo hanno le mamme di fronte alla straripante energia dei loro figli “tsunamici”? 
Come il codice materno si inserisce nel sostegno alla crescita e cambia nel passaggio da bambino a preadolescente ad adolescente? 
Fortemente ancorato agli assunti della teoria dell’attaccamento di J.Bowlby, “La mamma di Attila” è un libro che parla della “MAMMA” come archetipo e poi lo declina in tutti i differenti modelli materni, permettendo ad ogni lettore di trovare il codice materno da cui è stato “modellato” e ad ogni mamma di identificare quello che più le è proprio nella relazione con i propri figli. Così nel volume si parla della mamma di Attila, ma anche di tante altre mamme:
quella di Leonardo, quella di Hitler, quella di Marylin Monroe fino ad arrivare alla mamma di Federica Pellegrini
Che cosa accomuna queste mamme? Che cosa le differenzia? Che responsabilità hanno rispetto a ciò che i loro figli e figlie hanno realizzato nella (e della) loro vita?

Come ben spiega la scheda del volume “questo libro è un inno di solidarietà tra genitori e un manuale di resistenza umana: per individuare i rischi che corrono gli adolescenti e gestire al meglio momenti difficili come la separazione, la trasgressione, la rabbia. Per stimolare la riflessione sui nostri modelli educativi, aiutarci a riconoscere automatismi e blocchi che minano le nostre relazioni e migliorare la nostra capacità di vivere legami sicuri”.

Buona lettura!

Il Libro cartaceo lo trovi qui: LA MAMMA DI ATTILA

giovedì 8 marzo 2018

Nonna mi manda a scuola ogni giorno, con quegli occhi che non leggono più il mondo

Poco fa guardavo la TV con mia nonna, seduti allo stesso tavolo. Il TG1 ha mandato in onda un servizio su Trump, che vuole introdurre dei dazi sull'alluminio e sull'acciaio. Mia nonna strizza gli occhi, cerca di capire. Poi si gira verso di me, con una faccia un po' smarrita e un po' frustrata. In dialetto ciociaro mi ha chiesto cosa volesse dire quella notizia. Poi tenta:  "Ferr' i acciai' n'n so buon chiù?". Ferro e acciaio non sono più buoni?
Mi riempie di compassione.


È una donna di 89 anni, che ha studiato fino alla seconda elementare. Dopo di che ha passato le giornate a cucinare per gli uomini che lavoravano nei campi, quando l'Italia era in prevalenza un paese agricolo: "i' ammasseva i maccarun", io ammassavo i maccheroni. Ha lavorato come un mulo, e se oggi l'Italia è un paese ricco dovremmo essere grati alle persone come lei.

Eppure c'è del rammarico in quegli occhi, quando dalla TV arrivano suoni ed immagini di un mondo che non capisce, che a volte interpreta come può e che altre volte rinuncia a comprendere. "I' chess capisc, alla scola n'n m' c'hann mannat": io questo capisco, perché a scuola non mi ci hanno mandato. Lo ripete sempre, amareggiata. Il mondo non lo capisce davvero, o lo capisce troppo poco ormai, ma è abbastanza intelligente da capire di non capire, e questa è insieme una consapevolezza e una condanna. Non ha mai imparato ad imparare; legge male e quindi legge poco e in tutta la sua vita avrà usato la scrittura solo per fare la sua firma, non più di cinque o sei volte.

Però nonna spesso mi fa da carburante quando proprio non mi va. Mi capita di essere demotivato a volte, con la sensazione di chi prova a svuotare l'oceano con un bicchierino da caffè. Faccio molti errori quando sto in classe: "avrei potuto o dovuto fare così", me lo dico sempre troppo tardi. Mi piace scherzare con gli studenti, ma a volte li accartoccerei. Poi segue un respiro profondo, mantengo la calma quasi sempre, e si va avanti. Altre volte però sbrocco, come direbbero loro. Pazienza.

Ma l'obiettivo, per quanto possibile, è togliere dagli occhi delle persone la frustrazione di chi si accorge di non capire il mondo, per mancanza di curiosità o per mancanza di chi la curiosità te la poteva far venire. Sarebbe bello avere un mondo di nonne libere: libere di leggere quel mondo che i loro nipoti sono impegnati a scrivere. E per questo - come direbbe lei scherzando - a 37 anni ancora vado a scuola.

domenica 13 novembre 2016

"Crescerli senza educarli. Le antiregole per avere figli felici", il libro sull'educazione di Raffaele Morelli


"I genitori migliori sono quelli che non si chiedono continuamente se sono bravi genitori".

E' una frase significativa, questa, che può racchiudere il messaggio educativo che Raffaele Morelli - noto psicoterapeuta e ospite fisso di numerose trasmissioni radiofoniche e televisive - intende comunicare con questo suo ultimo libro.
Nella video presentazione del suo lavoro, inoltre, l'Autore racconta un altro aneddoto significativo: riferisce la testimonianza di una famosa psicanalista, Maria Luisa Von Franz, che a Napoli si imbatté in una cuoca, madre di numerosi figli (circa 6/7). Rimase impressionata dalla difficoltà con cui la donna riusciva a tenere a bada i pargoli, che saltavano, scappavano, gridavano, rompevano gli oggetti: lo faceva gridando, dimenandosi, imprecando. Eppure, sottolinea, la madre era spontanea e quei figli erano straordinariamente felici. 

Spontaneità, quindi, in antitesi all'eccessiva intellettualizzazione e "mania di perfezione" dei genitori "moderni". Che sia proprio questo a rovinare la salute affettiva dei figli e a minare profondamente la loro aspirazione alla felicità?
E cos'altro dovrebbe desiderare un educatore - nel caso specifico il genitore - se non la felicità dell'educato?
Sulle proposte educative di questo libro non sveliamo oltre. La presentazione la trovate nel video in fondo al post.

Sarebbe anche interessante chiedersi se il modello educativo genitore-figlio proposto da Morelli possa essere esportato nella relazione educativa insegnante- alunno, pur con tutti i necessari distinguo dovuti alla diversità di ruoli e funzioni. Queste conclusioni spettano a ciascuno, e saranno inevitabilmente diverse. 
Eppure nella pedagogia recente c'è un esempio di educazione libertaria istituzionalizzata, dove gli allievi sembrano più cresciuti che educati, forse anche più accolti che istruiti: è il modello educativo della scuola di Summerhill, una località a nord di Londra. 

Un bellissimo libro ne racconta le caratteristiche, ed è possibile scaricarlo gratuitamente a questo link:

I RAGAZZI FELICI DI SUMMERHILL, di A. Neil - Una scuola diversa: scarica il libro gratis



lunedì 16 novembre 2015

ELOGIO DELLA TENEREZZA. E DELLE COCCOLE. Di Alberto Pellai

Un nuovo articolo, interessante e profondo, di Alberto Pellai, sull'importanza delle coccole, del calore affettivo, dell'alfabetismo emotivo. E di quanto gli uomini debbano imparare a buttare giù corazze e ruoli e riappropriarsi del calore "domestico".

Elogio della tenerezza e delle coccole
Incontrando alcune persone, a volte si rimane colpiti per il loro modo freddo e razionale di affrontare tutto. Si tratta di persone altamente funzionali, sempre “sul pezzo”, capaci di risolvere tutti i problemi. Ma quando sei al loro fianco senti come un senso di gelo, una freddezza che congela tutto. Ti viene da parlare solo di lavoro, al massimo ti butti sullo sport o sulla politica. Ma non provi mai a conquistare qualche momento di intimità condivisa. Non discuti mai di figli e famiglia, di amori e fatiche della vita. Succede che queste persone siano per lo più uomini. Noi maschi cresciamo convinti che il nostro valore dipenda da ciò che facciamo. E così spesso ci dimentichiamo di ciò che siamo. Che poi è la cosa che conta di più nella vita.
Qualcuno dice che alla base di tutto questo c’è un analfabetismo emotivo, che gli uomini si tramandano di generazione in generazione. I padri al mattino escono di casa in tutta fretta. Hanno già nella mente gli appuntamenti della giornata. Sanno che devono correre, incontrare persone, gestire mille problemi. Nell’esterno. E così, uscendo di casa, magari nemmeno si accorgono che lì, nell’interno della loro abitazione ci sono una compagna di vita, uno o due figli che li vedono uscire senza sentirsi dire ciao. Senza aver percepito che un pezzettino di quell’uomo che scappa via, vorrebbe invece rimanere dentro casa, godersi il dolce calore degli affetti. Quando un paziente mi porta in studio questo copione, io automaticamente provo dentro di me una grande tenerezza. Sento che questo è il copione di un bambino cresciuto senza coccole. Al fianco di adulti che erano così indaffarati a fare cose nella vita, da non essere riusciti a viverla davvero la vita. Adulti che non hanno potuto sperimentare quella dolce e tenera felicità che ciascuno ha a disposizione quando si lascia andare nelle relazioni e scopre il piacere di sentirsi amato, protetto e al sicuro. Un piacere che deriva soprattutto da gesti concreti, dall’essere, per esempio, abbracciati da qualcuno a cui batte il cuore per la gioia di questo gesto così pieno di contatto, di verità, di integrità.
Nel mio libro per bambini “Gustavo senza coccole” racconto proprio la storia di uno di questi bambini. E’ figlio di un re e di una regina. E’ circondato da cose belle, mille giocattoli, ha il campo da calcio e la piscina nel suo immenso parco. Ma non c’è nessuno che abbia il tempo di fargli un coccolino o un grattino sulla schiena, semplicemente per fargli capire che lui c’è, che lui è, che i suoi bisogni profondi di affetto e rassicurazione sono visti e sentiti da qualcuno che sa prendersene cura. 
Il libro Gustavo senza coccole comincia così:
Si può diventare grandi senza ricevere le coccole? Senza sentire il piacere di un grattino sulla pelle, il brivido di bacini e morsichini sulle guance e sulla schiena? Senza essere chiamati con un milione di parole che vengono utilizzate al posto del tuo nome? Ovvero, se ti chiami Alberto, come me che scrivo questa storia, potrai mai diventare un Alberto scrittore se quando sei bambino ti senti chiamare sempre e solo Alberto e mai nemmeno una volta con un soprannome come: tesoro, pulcino, topolino, amore della mamma, amore del papà, pasticcino, babà? La lista come puoi ben immaginare potrebbe proseguire all’infinito e includere centinaia di cuccioli di animale, di dolcetti e cibi speciali. Insomma noi, qui, oggi ci interroghiamo su una questione di fondo e cerchiamo risposta a una domanda che vale più di un milione di dollari: si può diventare grandi senza sapere cosa sono il sapore, l’odore e il suono delle coccole?
Ecco la domanda che rilancio a voi oggi: si può diventare grandi senza sapere cosa sono il sapore, l’odore e il suono delle coccole? E che cosa succede a chi diventa grande inseguendo le azioni della vita, senza mai conoscerne le emozioni profonde, quelle che rendono reale e concreto il nostro bisogno di amare ed essere amati? E infine: perché proprio a noi uomini questo linguaggio viene negato? 
Leggete e condividete, soprattutto con gli uomini che nel loro percorso di vita sembrano aver perso il codice della tenerezza, la dimensione che aggiunge colore alla nostra esistenza.


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mercoledì 1 aprile 2015

"I bambini sono tutt'orecchi"

Di Patrizia Benevenga

 《Come è più straziante di un morso di serpente avere un figlio ingrato! 》
... grida Re Lear di Shakespeare.


L'ingratitudine è naturale come la gramigna.
La gratitudine è come la rosa: deve essere nutrita, annaffiata, coltivata, amata e protetta.

Se i nostri figli sono ingrati, di chi la colpa? Probabilmente nostra. 
Se non abbiamo mai insegnato a esprimere gratitudine per gli altri, come possiamo aspettarci che siano riconoscenti con noi?
Dobbiamo ricordarci che i nostri figli sono quasi sempre come noi li facciamo.
Se nella loro infanzia hanno respirato il tepore della bontà e della cordialità, non c'è da stupirsi che facciano come hanno sempre visto fare!
Ricordate che per avere dei figli riconoscenti, dobbiamo essere riconoscenti.

《I piccoli orci hanno grandi orecchie》 ... 
Per esempio, se vi venisse mai la tentazione di criticare qualcuno in presenza dei bambini, attenzione a quello che fate!
Non dite mai: "Guarda che 'straccio' la cugina ha mandato per Natale! Non si è sprecata. Se la sarà cavata con pochi centesimi".
L'osservazione è volgare e i bambini stanno tutt'orecchi
Invece faremmo meglio a dire: "Quante ore avrà impiegato la cugina per farci questo regalo per Natale! Non è carino? Scriviamole subito un biglietto per ringraziarla". 
 E i bambini assorbiranno inconsciamente l'abitudine di apprezzare e ringraziare.
Avviarli nel mondo con la pericolosa idea che nella vita tutto è dovuto rappresenta la nostra più grande sconfitta.
Osservazioni tratte da uno scritto di Dale Carnegie 

di patrizia benevenga

mercoledì 19 febbraio 2014

Come essere "cani da tartufi" (solo per educatori esperti! )

di benevenga patrizia
"Ridere è esporsi, scoprirsi, lasciarsi spiazzare...far ridere alimenta la propria autostima e ha il potere magico di invertire una tendenza negativa, una giornata storta o il clima di un gruppo."
Così il sociologo Alberto Terzi, ricercatore e formatore che si occupa di prevenzione e di politiche giovanili, sottolinea l'efficacia del sorriso quando si vuole stabilire una comunicazione con i giovani: basterebbe una buona battuta felice per guadagnarne l'attenzione e dunque la concentrazione necessaria all'apprendimento!
(Aggiungerei senza ovviamente trasformarsi in pagliacci o comici di professione ^_^)
L'unico modo per emergere dai milioni di stimoli che i giovani hanno a disposizione è dotarsi di "antenne" capaci di captare i loro bisogni nonché le loro emozioni. E naturalmente il riso può essere un utile strumento per suscitare emozioni positive e incrementare intelligenza e apprendimento.
Uscire dai propri schemi, accogliere nuovi punti di vista ed essere capaci di ridere di se stessi farebbe parte di una metodologia umoristica a cui ricorrere in momenti opportuni. E la bravura di insegnanti ed educatori consisterebbe appunto nel saper "fiutare" il momento giusto, riuscire a "sintonizzarsi" sull'onda del gruppo che si ha di fronte ed essere capaci di mutare direzione in una fase in cui l'energia latita.
Si tratta di saper "ascoltare", accogliere, e preparare il terreno della semina!

Alberto Terzi propone una serie di "giochi" (chi l'ha detto che solo i bambini sanno giocare?), una specie di "cassetta degli attrezzi" da usare all'occorrenza.
Sono raccolti nel libro "Giochi per ridere - Educare gli adolescenti divertendosi", in cui si trova di tutto: da "Il clima comico per conoscersi", a "Le emozioni da scoprire", oppure "La creatività sociale" ecc. ecc.
Ma credo che al di là della conoscenza dei giochi e degli spunti vari per predisporre un clima sereno e accogliente, sia indispensabile una forte motivazione da parte dell'educatore nel ruolo che si ritrova a svolgere...

Perché l'educazione vuole magia, creatività, emozioni... ^_^

mercoledì 19 giugno 2013

"IO ODIO..." direbbe Quattrocchi

"...il cartellone delle regole!"
di Patrizia Benevenga

Alzi la mano chi ne ha realizzato almeno uno (io l'ho alzata)!
Or-ri-pi-lan-te...
Non c'è "buongiorno" scolastico più demotivante di un simile manifesto.
Deposti elmetto e "bacchetta" del tempo passato, non sarà un elenco di "NON" ad impostare la propria autorità,  lo sappiamo benissimo.
Ironia della situazione, sono i bambini stessi a 'partorire' a turno quelle fondamentali regole di comportamento perché, in fondo, essi sanno benissimo cosa è giusto NON fare: non dondolarsi con la sedia, non spingere il compagno, non interrompere l'insegnante quando parla, ecc ecc.

Forse più che di ordini essi hanno bisogno di ORDINE ... e ... tra il dire e il fare... c'è una povera maestra, o un misero maestro
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