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venerdì 28 agosto 2015

"Siate eretici", di Don Luigi Ciotti - Educare Narrando

Una riflessione di Don Luigi Ciotti, il sacerdote che da anni vive sotto scorta per la sua strenua lotta contro la mafia. E' fondatore del gruppo Abele, che aiuta i tossicodipendenti, e dell'associazione LIBERA contro i soprusi delle mafie in tutta Italia.


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SIATE ERETICI

Di Luigi Ciotti

Vi auguro di essere eretici.


Eresia viene dal greco e vuol dire scelta. Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso, è colui che più della verità ama la ricerca della verità.

E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia. Vi auguro l’eresia dei fatti prima che delle parole, l’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi.

Vi auguro l’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno.

Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è.

Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa.

Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie. Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.

Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.

Chi crede che solo nel noi, l’io possa trovare una realizzazione.

Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.


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Per andare alla sezione Educare Narrando

giovedì 20 febbraio 2014

Noi italiani? Siamo come gli altri, altro che migliori!

Riporto di seguito un testo tratto dal libro di storia "I passi della storia" di Sergio Zavoli, adottato per le classi terze della secondaria di I grado nella mia scuola.
Si tratta di una riflessione lucida e disincantata su noi italiani e sull'idea che abbiamo di noi stessi. Superiori agli altri? Nemmeno a dirlo, vista la nostra storia politica e sociale, anche recente. Peggiori? Forse nemmeno: siamo troppo spesso propensi a sottovalutarci e a spianare la strada ad una esterofilia infantile ed impietosa. Cosa siamo, dunque?
Forse anche in questo caso la verità sta nel mezzo: non siamo né migliori né peggiori degli altri. Siamo circa 60 milioni di occidentali (e con questo aggettivo intendo semplicemente sottolineare aspetti culturali, storici e sociali che distinguono la nostra fetta di mondo da altre zone del globo) con pregi e difetti, con luci ed ombre, siamo il dottor Jekill e Mr. Hyde; purtroppo, però, vuoi per ignoranza vuoi per opportunismo, siamo troppo propensi a vedere ciò che ci fa più comodo.

Il testo che segue può essere usato in classe, dalla terza della scuola secondaria di I grado in su, per discutere su argomenti attuali e interpretare con lucidità e onestà intellettuale alcuni avvenimenti della nostra storia.

Italiani: popolo si santi, poeti, navigatori?
Che gli italiani siano "brava gente" non è un mito: è una sciocchezza o una banalità! Gli italiani sono come gli altri, con alcune virtù in più e altre in meno. Qualche esempio: accogliamo con slancio i bambini di Chernobyl, di Sarajevo, di Tirana, ma di fronte al "Telefono azzurro", e a qualche cassonetto, c'è da arrossire! Perché?
Rifiutiamo la pena di morte, ma le nostre fabbriche hanno prodotto un numero sterminato di mine anti-uomo. Scarsi conoscitori della nostra storia, ci piace pensare che gli altri valgano meno di noi: i francesi vanitosi e arroganti, gli inglesi egoisti, i tedeschi rigidi e freddi, gli spagnoli retorici, gli americani infantili... e via così. Perché?

Noi invece siamo un popolo si santi, di poeti, di navigatori!
Ma in Etiopia abbiamo usato le armi chimiche per domare la resistenza dei RAS fedeli al NEGUS, anche se a nessuno di noi piace crederlo. Resta scritto nei libri di testo che "in terra abissina abbiamo lasciato una quantità di strade, ponti, ospedali", ed è vero; ma non diciamo che in Libia, in Grecia, nell'ex-Jugoslavia, persino in Spagna, siamo stati capaci di sporadiche, certo, ma autentiche atrocità.

Vedere luci ed ombre
La guerra, nella sua brutalità, non fa sconti a nessuno. Di tutto ciò che possiamo aver fatto di male dobbiamo accettare la responsabilità. E' del resto risaputa la nostra attitudine allo slancio umanitario e alla solidarietà, così come alla sopportazione e alla misericordia. Infinite vicende tracciano il profilo all'opposto, di un paese pieno di furbi, scansafatiche, imbroglioni, non di rado descritto da osservatori impietosi, o malevoli, o ingiusti.
Ma da qui a dire che siamo colombe sempre in volo con il rametto di ulivo in bocca troppo ci corre. Quello che serve - dopo avere conosciuto tanta retorica - è una sana capacità di vederci come siamo, con luci ed ombre, come si dovrebbe fare con ogni persona, popolo o nazione.
Vogliamoci bene, dunque, ma proviamo anche a conoscerci davvero. Nel primo caso lo sforzo è minimo, nel secondo è massimo. Ma il secondo vale più del primo.

mercoledì 19 febbraio 2014

Come essere "cani da tartufi" (solo per educatori esperti! )

di benevenga patrizia
"Ridere è esporsi, scoprirsi, lasciarsi spiazzare...far ridere alimenta la propria autostima e ha il potere magico di invertire una tendenza negativa, una giornata storta o il clima di un gruppo."
Così il sociologo Alberto Terzi, ricercatore e formatore che si occupa di prevenzione e di politiche giovanili, sottolinea l'efficacia del sorriso quando si vuole stabilire una comunicazione con i giovani: basterebbe una buona battuta felice per guadagnarne l'attenzione e dunque la concentrazione necessaria all'apprendimento!
(Aggiungerei senza ovviamente trasformarsi in pagliacci o comici di professione ^_^)
L'unico modo per emergere dai milioni di stimoli che i giovani hanno a disposizione è dotarsi di "antenne" capaci di captare i loro bisogni nonché le loro emozioni. E naturalmente il riso può essere un utile strumento per suscitare emozioni positive e incrementare intelligenza e apprendimento.
Uscire dai propri schemi, accogliere nuovi punti di vista ed essere capaci di ridere di se stessi farebbe parte di una metodologia umoristica a cui ricorrere in momenti opportuni. E la bravura di insegnanti ed educatori consisterebbe appunto nel saper "fiutare" il momento giusto, riuscire a "sintonizzarsi" sull'onda del gruppo che si ha di fronte ed essere capaci di mutare direzione in una fase in cui l'energia latita.
Si tratta di saper "ascoltare", accogliere, e preparare il terreno della semina!

Alberto Terzi propone una serie di "giochi" (chi l'ha detto che solo i bambini sanno giocare?), una specie di "cassetta degli attrezzi" da usare all'occorrenza.
Sono raccolti nel libro "Giochi per ridere - Educare gli adolescenti divertendosi", in cui si trova di tutto: da "Il clima comico per conoscersi", a "Le emozioni da scoprire", oppure "La creatività sociale" ecc. ecc.
Ma credo che al di là della conoscenza dei giochi e degli spunti vari per predisporre un clima sereno e accogliente, sia indispensabile una forte motivazione da parte dell'educatore nel ruolo che si ritrova a svolgere...

Perché l'educazione vuole magia, creatività, emozioni... ^_^

lunedì 20 gennaio 2014

Il bambino impara ciò che vive - di Dorothy L. Nolte - "Che cosa vivono i vostri figli?"

Questo brano di pochi versi, a mio avviso, racchiude una quantità enorme di principi pedagogici e condensa in sé pagine e pagine, se non volumi, di libri e manuali sull'educazione del fanciullo. L'autrice è Dorothy L. Nolte. Consiglio di tenerlo sempre presente e, perché no, stamparlo su un cartoncino e portarlo con sé, per leggerlo di tanto in tanto e meditarci su.

Prima di lasciarvi a questo meraviglioso testo, che fa riflettere e ci interroga, aggiungo qualche breve notizia sull'autrice, per chi volesse approfondirne la conoscenza.

Dorothy Law Nolte è stata una poetessa, giornalista ed insegnante. Nasce in California, a Los Angeles, nel 1924. Nella vita si occuperà di svariate attività: organizza un asilo nido, diventa istruttore di accompagnamento al parto delle donne, promuove la tecnica anti-stress nota con il nome di "Rolfing".
Nel 1954 scrive la poesia "I bambini imparano quello che vivono", che dà anche il titolo a questo post. Questo testo prenderà "il volo" e avrà una incredibile diffusione su tutto il pianeta. Viene tradotto in 35 lingue e nel 2005 diventa un bestseller in Giappone, dopo che il principe Naruhito avrà dichiarato di usarlo costantemente come ispirazione per l'educazione della figlia.
Dorothy L. Nolte muore in California nel 2005, all'età di 81 anni.

I bambini imparano quello che vivono

Se i bambini vivono con le critiche,
imparano a condannare.
Se i bambini vivono con l'ostilità,
imparano a combattere.
Se i bambini vivono con la paura,
imparano ad essere apprensivi.
Se i bambini vivono con la pietà,
imparano a commiserarsi.
Se i bambini vivono con il ridicolo,
imparano ad essere timidi.
Se i bambini vivono con la gelosia,
imparano cosa sia l'invidia.
Se i bambini vivono con la vergogna,
imparano a sentirsi colpevoli.
Se i bambini vivono con la tolleranza,
imparano ad essere pazienti.
Se i bambini vivono con l'incoraggiamento,
imparano ad essere sicuri di sé.
Se i bambini vivono con la lode,
imparano ad apprezzare.
Se i bambini vivono con l'approvazione,
imparano a piacersi.
Se i bambini vivono con l'accettazione,
imparano a trovare amore nel mondo.
Se i bambini vivono con il riconoscimento,
imparano ad avere un obiettivo.
Se i bambini vivono con la partecipazione,
imparano ad essere generosi.
Se i bambini vivono con l'onestà e la lealtà,
imparano cosa sia verità e giustizia.
Se i bambini vivono con la sicurezza,
imparano ad avere fede in se stessi
e in coloro che li circondano.
Se i bambini vivono con l'amichevolezza,
imparano che il mondo è un posto
bello in cui vivere.
Se i bambini vivono con la serenità,
imparano ad avere tranquillità di spirito.


Con cosa vivono i vostri figli?

domenica 12 gennaio 2014

Salvare la scuola nell'èra digitale - di Giovanni Reale



"Eravamo indecisi tra

esultanza e paura
alla notizia che il computer
rimpiazzerà la penna del poeta.
[...] Insieme a me sta finendo un'era"


Eugenio Montale


Si tratta di un libro uscito il 25 marzo del 2013; l'autore è il noto filosofo Giovanni Reale, conosciuto anche dal pubblico del piccolo schermo perché spesso ospite del programma "Ballarò".
Il filosofo, in poche pagine chiare e scorrevoli, parla di scuola, mescolando saggezza, filosofia e cultura.

Il libro parte da alcune domande chiave: le nuove tecnologie fanno bene oppure no al mondo della scuola? Davvero l'uso massiccio della tecnologia risolverebbe i problemi di una scuola sempre più in crisi?

La lettura di questo libro suggerisce molti spunti di riflessione, apre le menti e pone interrogativi. Si legge con meno di un'ora e anche se non risolve questo dibattito che, immaginiamo, sarà destinato a protrarsi a lungo, dà comunque delle utili chiavi di lettura su un argomento che si pone quanto mai attuale.

Queste le sezioni del libro:

I - Quando è nata e si è imposta la rivoluzione della cultura della scrittura;
II - La rivoluzione epocale delle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informatica;
III - Natura e conseguenze della rivoluzione tecnologica in atto;
IV - Pericolose affermazioni dei sacerdoti dell'informatica e loro confutazioni;
V - Contrazione del significato e del valore del linguaggio e preminenza data al virtuale sul reale prodotte dai mezzi di comunicazione multimediale e loro conseguenze;
VI - Giudizi critici incontestabili sui nuovi mezzi di comunicazione multimediali;
VII - Effetti collaterali negativi prodotti dalle nuove tecnologie e dalla rivoluzione informatica;
VIII - Nelle riforme della scuola vanno presi con cautela i suggerimenti dei pedagogisti, degli psicologi, dei sociologi;
IX - L'informatica non deve essere imposta in modo indiscriminato per legge senza salvare la cultura della scrittura;
X - Come va salvata la scuola;
XI - Conclusione.


"L'elettronica, l'informatica, la telematica, Internet....

sono tutte cose meravigliose, perfettamente funzionanti [...].
Peccato che possano comunicare, dire tutto in tutto il mondo,
ma che non abbiano niente da dire.
Sono la perfezione del nulla"

Franco Ferrarotti

sabato 7 dicembre 2013

Parlaci dell'Insegnare: estratto da "Il Profeta" di Gibran

Ho riletto per caso, in tutta la sua bellezza, questo passo di Kahlil Gibran, tratto dal celebre "Il Profeta".

Non ci vedete dei "profetici" richiami a concetti pedagogici quali la zona di sviluppo prossimale e la matrice cognitiva, oltre ad alcuni aspetti del costruttivismo?

Allora disse un maestro: Parlaci Dell'Insegnare.
Ed egli disse:
Nessun uomo può rivelarvi nulla, se non quello che già sonnecchia nell'alba della vostra conoscenza.

Il maestro che cammina all'ombra del tempio tra i suoi discepoli non offre il suo sapere ma piuttosto la sua fede e il suo amore.

Se egli è saggio non vi inviterà ad entrare nella dimora del suo sapere, ma vi guiderà piuttosto verso la soglia della vostra propria mente.

L'astronomo può dirvi ciò che egli sa dei grandi spazi, ma non può dare a voi la sua conoscenza.

Il musico può cantarvi del ritmo che è in aria, ma non può darvi l'orecchio che ferma quel ritmo né la voce che lo riecheggia.

E chi è versato nella scienza dei numeri può descrivervi i mondi del peso e della misura, ma non potrà guidarvi colà. 

Poiché la visione di un uomo non presta le proprie ali a un altro uomo.

E come ognuno di voi è solo davanti all'occhio conoscitivo di Dio, così ognuno di voi deve essere solo nella sua conoscenza di Dio e nella sua conoscenza della terra.

Kahlil Gibran, Il Profeta

sabato 17 agosto 2013

Il racconto romantico che ha commosso gli USA. Davvero? Come lo valutereste?

Qualche giorno fa su Craiglist - un sito molto popolare negli USA su cui la gente scrive di tutto - è apparso un breve racconto romantico di un utente. La trama, in breve, riguarda un incontro casuale avvenuto in metropolitana, da cui nasce un innamoramento che ... naturalmente non vi dico altro, perché, se vi interessa, il racconto lo trovate di seguito.
Qual è, però, l'eccezionalità dell'evento? Pare che questo testo, nel giro di poche ore abbia fatto il giro del web e abbia commosso gli USA (e non solo).
L'evento ha subito catturato l'attenzione dei media, che si sono pronunciati sul valore letterario del racconto: alcuni sostengono che sia la migliore opera "Missed Connection" di sempre, cioè diffusa per pura casualità (o almeno credo significhi questo).
Al di là di questo, comunque, ciò che mi chiedo è se questo testo, dopo averlo letto, sia davvero quel capolavoro che si dice. Certo, non lascia indifferenti, ha degli spunti creativi ed interessanti... ma è davvero di tanta bellezza da stregare i lettori del web?
Lo sottopongo ai lettori che, magari, avranno chiavi di lettura diverse dalle mie e che spero condividano. Se l'autore fosse un alunno, che voto dareste?

Ah, l'Autore? E' ancora sconosciuto, perché ne postare ha preferito l'anonimato.

Di seguito il testo integrale...

"Ti ho vista sul treno della linea Q di Brooklyn diretto a Manhattan. Io indossavo una maglietta a righe blu e un paio di pantaloni marrone rossiccio. Tu indossavi una gonna vintage rossa e un'elegante camicetta bianca. Entrambi portavamo gli occhiali. Immagino che li portiamo ancora adesso.

giovedì 14 febbraio 2013

Prof... parliamo d'Amore?

Giulio (il nome è inventato, ma la situazione no) stava su un muretto nel cortile della scuola. Tre compagne di classe, in piedi intorno a lui, lo circondavano e gli suggerivano i titoli di alcune canzoni d'amore. Ho capito dopo un po' che Giulio aveva chiesto loro un consiglio per fare un CD per San Valentino alla "lei" che gli piace dalla prima media. Così, su un foglietto a quadretti sgualcito, appuntava titoli di Baglioni, 883 e brani internazionali in un inglese stentato.
Ho notato, anche in questo caso, quanto i ragazzi di tutte le età sentano profondamente l'esigenza di dare senso e significato all'amore che provano e vivono. 
"Prof. mi aiuta a scrivere una lettera d'amore per "lei"?". "Prof. mi dia un consiglio, che cosa posso regalarle per S. Valentino?". Un'altra alunna - riservata, timida e dolcissima - mi incontra per il corridoio e mi chiede se nel pomeriggio può avere il permesso di parlare fuori dall'aula con "lui", perché la rifiuta. "Ma io prof." mi dice con gli occhi lucidi "gli voglio bene davvero. Voglio sapere perché non mi vuole, ma se capisco che è contento lo stesso, per me va bene". Tutto ciò viene fuori dalla bocca, ma soprattutto dal cuore, di una ragazzina di 12 anni.
 Allora oggi, in classe, capisco che non serve parlare del discorso diretto e indiretto, non vale la pena distinguere il tempo della storia e quello del racconto; tolgo di mezzo il lavoro preparato su fabula e intreccio. Oggi il cuore degli alunni è altrove, ed è giusto così. Lo capisco dagli sguardi che si lanciano i ragazzi, dagli occhi lucidi, dai Baci Perugina sparsi qua e là sui banchi e dai biglietti che leggono gelosamente, a testa bassa e quasi in segreto.

 Oggi parliamo di amore. E quando riconduci i contenuti delle discipline a riferimenti universali - l'amore, la morte, la sofferenza, la pace, la dignità umana - in classe non hai bisogno di richiamare il silenzio. I ragazzi di tutte le età sono ipnotizzati, rapiti: in fondo si parla della vita di ciascuno di loro, del senso dei loro respiri, delle loro speranze e paure, dell'orizzonte delle loro aspirazioni più nobili e profonde.
 Non c'è nulla di più orientativo di una didattica che affronta e risponde a questi temi. 

Oggi parliamo dell'amore. Ma come affrontare un discorso del genere senza banalizzarlo o anche, involontariamente, dissacrarlo? Ci penso un po', poi estraggo l'iPhone su cui ho il testo integrale della Bibbia. Prima lettera ai Corinzi, capitolo 13, versetti da 1 a 13. Meglio che io stia zitto e parli chi ne sa più di me. L'Inno all'Amore. 
L'Amore è benigno, paziente, tutto sopporta, non invidia, non gode dell'ingiustizia... l'Amore si compiace della Verità ... E così via, come la melodia di una ballata. Qualche indegno commento su questi versetti e la constatazione che tutto ciò tocca profondamente il cuore di quelle creature, persino i più spavaldi sembrano crogiolarsi tra quelle parole. Qualcuno alza la mano per fare osservazioni, altri lo invitano ad abbassarla perché vogliono solo ascoltare.
"Prof. mentre legge penso a nonno e nonna, ancora scherzano e si vogliono bene... Anche se nonno si è rimbambito un po'... ". Una breve ed intensa risata. Poi di nuovo il silenzio. Mi permetto di fare un po' il bacchettone, anche se non amo le "prediche" sterili. Parliamo dei modelli d'amore proposti dai media. Di un'amore con la minuscola, fatto di tradimenti, egoismi, relazioni usa e getta. 

Spiego che tradire vuol dire consegnare il commilitone all'esercito nemico, e vale lo stesso per le relazioni tra gli esseri umani e per i tradimenti di tutti i giorni. 

Faccio notare che la coppia del momento, incensata in rete e su tutti i media, quella di Belen e Stefano, viene fuori da un vortice orrendo di tradimenti e menzogne e nasce - come racconta il Corriere della Sera di qualche giorno fa - con un bacio furtivo nel nascondimento di un bagno. Quell' amore nasce in assenza di luce. Lo condividono? Vorrebbero imitarlo? È quello che desidererebbero per loro stessi? 

"Prof. Un ragazzo mi ha detto che ha voglia di me, ma mi ha dato fastidio: non sono mica un gelato o una macchina di grossa cilindrata?!". Hai ragione stella mia, dici bene. Hai capito tutto. Mi piacerebbe che lo spiegassi anche a Federico Moccia, che con parole del genere ("Ho voglia di te", 2006, Feltrinelli) è diventato un guru dell'amore tra giovani e interprete di spicco dei sentimenti degli adolescenti. Che peccato se la scuola non mette ordine tra i messaggi e i contenuti da cui i giovani di oggi sono bombardati ogni giorno, senza sosta.

 Che peccato lasciare che amori sciocchi e frivoli prendano il posto di Ulisse e Penelope nell'immaginario e nei riferimenti dei ragazzi, con quell'amore sofferto, pensato, atteso, ma straordinariamente fedele.
"Non pensate che anche Penelope possa aver desiderato, anche solo per qualche attimo, la compagnia di Antinoo?". Silenzio in classe. 

Che peccato lasciare - mentre si rincorrono programmi scolastici che non esistono più - che prevalga Lady Gaga e i suoi flirt - in termini di modelling ed impatto emotivo - alla storia sofferta di Romeo e Giulietta di Shakespeare, al turbamento, ne "Le notti bianche" di Dostoevskji, di Nasten'ka e dell'impiegato sognatore che vaga nottetempo per le strade di San Pietroburgo ... alla fedeltà e alla tenacia umile di Renzo e Lucia. E, ancora, alle storie di Sara e Tobia, Ruth, Rachele e chi più ne ha più ne metta.

Che peccato se i modelli d'amore che lasciamo passare incontrastati sono soprattuto un manipolo di vip, viziati e ubriachi di lussi e capricci.
Suona la ricreazione, nessuno si muove. "Forza ragazzi, merenda!". 
"Prof., la prossima volta continuiamo a parlare di questo?"

lunedì 19 novembre 2012

La violenza nei media: le ripercussioni sugli utenti

Sul portale dell'ISRA - International for Research on Aggression - è possibile consultare un importantissimo studio sugli effetti nelle persone, e soprattutto in bambini e ragazzi, della continua esposizione alla violenza e all'aggressione propinata dai mass media.

Nel dicembre 2011, infatti, l'ISRA ha nominato un'apposita commissione con l'obiettivo di produrre un rapporto sulla violenza nei media, con l'intento di verificare se una continua esposizione mediatica alla violenza e a scene di aggressione possa avere effetti nocivi

Lo studio conferma che una continua presenza di scene di aggressività e di violenza proposte dai mezzi di comunicazione - in modo particolare la TV ed Internet - porta gli utenti a riprodurre con maggiore frequenza comportamenti violenti ed aggressivi. Il comportamento - di tipo verbale, relazionale o fisico - definito come tale corrisponde ad un atto finalizzato a produrre danno intenzionale ad altre persone. 

Questo studio apre dunque riflessioni di ampia portata, riconducibili ad esempio al tempo e alle modalità di fruizione dei mass-media, nonché alle valutazioni che i Garanti dei vari paesi fanno circa la nocività o meno di particolari films, animazioni o, in generali, prodotti cinematografici.

Attualmente i risultati dello studio sono stati pubblicati in un file PDF soltanto in lingua inglese; successivamente, però, il documento sarà tradotto anche in altre lingue.


lunedì 22 ottobre 2012

Ousia, la filosofia in rete

«Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!" ? Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "tu sei un dio e mai intesi cosa più divina"? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: "vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?».

Continua sul sito

martedì 18 settembre 2012

La matematica, amore al primo gioco


Innamorarsi della matematica con gli enigmi e i giochi logiciMolti odiano la matematica e pensano che i matematici siano persone noiose. Attraverso un percorso svolto in classe ho provato a mostrare ai ragazzi l’aspetto ludico della matematica e far provare loro il piacere di risolvere problemi. E alla fine i matematici sono anche divertenti…
Nella mia esperienza di insegnante ho raccolto molte volte dichiarazioni del tipo “la matematica è noiosa”, “è difficile, non ci capisco niente”, “tutti quei numeri non mi entrano in testa”. Non solo da parte dei miei ragazzi, ma spesso anche da parte di amici e conoscenti, addirittura con una punta di ostentato orgoglio...

venerdì 14 settembre 2012

Metodo Montessori: itinerari montessoriani da 1 a 11 anni

Il metodo educativo inaugurato da Maria Montessori (nata a Chiaravalle, Ancona, il 31 agosto 1870, e morta a Noordwijk, in Olanda, il 6 maggio 1952) costituisce una pietra miliare nella storia della pedagogia occidentale. Elaborato inizialmente per i bambini disabili, e solo successivamente esteso con successo a tutti i bambini, esso postula, tra i suoi assunti di base, un concetto della disciplina che si discosta da quello tradizionale conferendo grande centralità all’autonomia e all’auto-correzione dell’errore. L’idea guida è che un atto è propriamente educativo se tende ad aiutare il completo dispiegamento della vita, assecondando i movimenti spontanei e ascrivendo all’educazione sensoriale un ruolo centrale nello sviluppo psico-cognitivo del bambino. Il filmato mostra una “scuola dei bambini” che si ispira, nella pratica dei suoi metodi educativi, ai principi montessoriani. Le immagini sono accompagnate da un commento che si avvale delle parole della celebre educatrice. Muovendo dal principio secondo cui “la natura crea prima gli strumenti e poi li sviluppa per mezzo delle loro funzioni e grazie all’esperienza sull’ambiente”, l’unità audiovisiva analizza in modo puntuale le caratteristiche peculiari di tale approccio pedagogico. Dall’ambiente si passa quindi a considerare il movimento, l’autonomia, la disciplina attiva, il materiale di sviluppo, la lezione, il linguaggio, la lettura, la mente matematica e il passaggio dall`infanzia all’adolescenza.

mercoledì 12 settembre 2012

Matematica: cosa fare nella primaria

A questo link ottimi suggerimenti su tutte le classi della primaria rispetto all'insegnamento della matematica.
Nella stessa pagina troverete anche un link che rimanda ad una serie di esercizi sulle 4 operazioni.
La risorsa è tratta da "Crescere Creativamente"

domenica 9 settembre 2012

Alessandro D'Avenia: riflessione di inzio anno scolastico 2012


Una interessante riflessione di inizio anno scolastico, puntuale come un orologio svizzero, di Alessandro D'Avenia sul suo blog. 

Ci sono alcuni giorni che non si amano per se stessi, ma per l’attesa che li prepara. Uno di questi è il primo giorno di scuola, investito della speranza che un’estate possa aver cambiato tutto. Ma dopo cinque ore ciò che il desiderio aveva rivestito di speranza viene sostituito dalla ruvida certezza che nulla è cambiato: si arrancherà per portare a termine un altro anno. Viene allora da chiedersi, professori (750mila) e studenti (8 milioni): che ci facciamo qui? Perché non registriamo le lezioni su youtube e pianifichiamo i giorni per compiti e interrogazioni? Ne usciremmo tutti più riposati forse, ma dovremmo ignorare lettere come questa, ricevuta qualche giorno fa:

Gentile Prof. D’Avenia, ho quasi diciassette anni e studio al liceo. Per tutte le scuole elementari e medie ho cercato di prendere il meglio dai miei insegnanti, per la maggior parte insoddisfatti di se stessi e della loro vita, o semplicemente piatti...

Continua sul blog di Alessandro D'Avenia

sabato 8 settembre 2012

Affrontare il primo giorno della scuola dell'infanzia


Un titolo che non esaurisce un discorso il quale a dire vero è piuttosto complesso e articolato,  che non può quindi terminare nell'arco di un post: non solo primo giorno di scuola ma anche e soprattutto il periodo di adattamento, ovviamente differente a seconda che il bambino abbia fatto precedenti esperienze al nido.
Considerato che l'organizzazione varia anche notevolmente da scuola a scuola,  poniamo l'accento in questa sede, sugli atteggiamenti da parte di scuola e famiglia tesi a rendere i primi giorni di scuola per il bambino di tre anni la migliore esperienza possibile.

La preparazione a casa
C'è una fase, sia che il bambino abbia frequentato il nido, sia che sia  è stato a casa, di preparazione che precede l'ingresso a scuola.
Come? Non solo attraverso il racconto e la pre-visione di ciò che accadrà, che non deve essere enfatizzato né in senso troppo positivo, né in senso allarmistico ma semplicemente presentato come una tappa della crescita, portando esperienze di altri: un fratello maggiore, i cuginetti, gli amici, altrimenti riferendosi al fatto che anche i genitori ci sono andati da piccoli, è utile guardare insieme foto di quel periodo, visitare insieme la vecchia scuola, per farla breve cercare di far capire al bambino che la sua è un'esperienza comune nella cerchia delle conoscenze.
Il secondo passo è la visita una o più volte a alla scuola (vedi sotto), l'incontro con gli altri bambini e tra le mamme che faranno la stessa esperienza, la scelta insieme del corredo che accompagnerà la nuova esperienza.

lunedì 3 settembre 2012

Il tempo degli incapaci: quando a scuola la manualità vince sulla virtualità

L'eccessiva virtualità può farci male, molto male, e a scriverlo è il sottoscritto, autore del blog su cui sta scrivendo. 
Un recente libro - Il profumo dei limoni - fa riflettere sull'esperienza della multimedialità e della dimensione On-line: si dice - volendo riassumere al massimo - che davanti ad un monitor l'essere umano sperimenta 2 dei 5 sensi a disposizione: la vista e l'udito. 
E degli altri 3 sensi cosa ne facciamo? Li riteniamo meno importanti dei primi due?

3 sensi su 5 corrispondono al 60% delle nostre percezioni. Vuol dire che davanti ad un monitor noi rinunciamo al 60% del nostro universo sensoriale.


Se la vita al pc corrisponde ad una piccola parentesi nell'arco della giornata e la tecnologia è un supporto e uno strumento, possiamo considerarla una risorsa che ci migliora la vita. Se, invece, la vita on line, l'utilizzo dei vari strumenti e programmi tecnologici, fagocitano la maggior parte delle nostre giornate e ci ritroviamo a vivere confondendo la verità con la realtà... vuol dire che ci stiamo facendo del male!
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